Y sin embargo, amor. (per te Flavia)

per te Flavia, in ricordo del quattordici settembre di tre anni fa.

Y sin embargo, amor, a través de las lágrimas,
yo sabía que al fin iba a quedarme
desnudo en la ribera de la risa.

Aquí,
hoy,
digo:
siempre recordaré tu desnudez en mis manos,
tu olor a disfrutada madera de sándalo
clavada junto al sol de la mañana;
tu risa de muchacha,
o de arroyo,
o de pájaro;
tus manos largas y amantes
como un lirio traidor a sus antiguos colores;
tu voz,
tus ojos,
lo de abarcable en ti que entre mis pasos
pensaba sostener con las palabras.

Pero ya no habrá tiempo de llorar.

Ha terminado
la hora de la ceniza para mi corazón.

Hace frío sin ti,
pero se vive.

di Roque Dalton (San Salvador, 1935 – 1975)

Roque Dalton, Poeta Meretìsimo, è considerato il più grande poeta salvadoregno, tra i più grandi centroamericani. Personaggio irriverente, caustico, stile diretto, vita boema. Comunista preferì l’azione della guerrilla piuttosto che il comodo ruolo di intellettuale che i suoi del partito vollero per forza dargli.

Un ribelle tra i ribelli. Ma gli costerà la vita. Fatto fuori dai propri compagni dopo una campagna denigratoria che lo tacciava come agente della CIA. Tutto montato ad arte per farlo fuori. E quello che eseguì l’esecuzione adesso lavora per il governo. E mi ha fatto impressione stringergli la mano, forse proprio quella che ha premuto il grilletto per mettere a tacere la voce forte e chiara di Roque Dalton.

Murale al Mercado Cuscatlan di San Salvador in onore di Roque Dalton e disegnato da Cristian Lopez giovane artista salvadoregno.

Sabato 3 dicembre

Il 3 dicembre il cielo di San Salvador s’illumina di fuochi di artificio. Uno spettacolo che durerà più di mezz’ora. Forse i giochi di luce dei fuochi sono un po’ ripetitivi però un grande investimento. Effettivamente la bacheca del condominio aveva annunciato con dieci giorni di anticipo che avrebbero aperto la terrazza condominiale per l’occasione. Con i suoi 25 piani il terrazzo è uno dei punti più alti della città. Vista bellissima un poco sopra le luci della città, tanto che alcuni giorni prima con alcuni vicini ci eravamo organizzati per vedere il big moon che poi tanto big non fu. Quindi arriva il 3 dicembre e puntuali come svizzeri partono i fuochi alle 7 di sera proprio mentre esco dal lavoro. Davanti all’ufficio noto una famigliola con figlio di 10 anni tutti accomodati sul tetto della propria macchina per godersi lo spettacolo. Un evento insomma.

Ma che cosa si celebra il 3 dicembre? L’annuncio in bacheca diceva per “dare inizio alle festività natalizie.” Certo per un paese cosi permeato dalla religione cristiana è quasi comprensibile però cercavo di capire a quale evento storico-religioso fosse collegato. Bene, la tradizione risale a 25 anni fa quando la catena fastfood Pollo Campero decise di offrire alla città dei fuochi d’artificio, ovviamente con costi fiscalmente deducibili perché considerati un’attività a favore della collettività. Da allora il primo sabato di dicembre di ogni anno il Pollo Campero affitta lo stadio principale dal quale organizza una mitragliata di fuochi e grande kermesse a base di pollo fritto. E’ un’immagine emblematica de El Salvador: celebrazioni religiose e fastfood mischiati in un’unica cultura.

Si dà così inizio al consumismo sfrenato rigorosamente sponsorizzato dalle grandi marche. Si vede che il successo della tradizione pollo campero ha spinto altre marche a trovare delle attività a favore della collettività. Infatti tutte le principali piazze dei quartieri alti della città vengono “sponsorizzate” e decorate con tanto di cartelli che non lasciano dubbio sull’identità del babbo natale della piazza. Una piazza però merita una menzione speciale: quella di Arena situata tra la chiesa dei mormoni e il centro commerciale multiplaza, tanto per rimanere in tema religioso-commerciale. Arena è l’attuale principale partito di opposizione fondato nel 1981 dal Maggiore Roberto D’Aubuisson, per far fronte alla montata comunista e appoggiare il governo dei militari. Nel suo curriculum D’Aubuisson ha come punto di onore l’accusa da parte della Commissione delle Nazioni Unite per la Verità per El Salvador di essere stato il mandante dell’uccisione di Mons. Romero, finanziando e organizzando personalmente lo squadrone di esecuzione.

La bandiera di Arena uguale a quella olandese sventola tutto l’anno sulla piazza. E in periodo natalizio come tutte le altre piazze si veste a festa, sponsorizzata da una società che produce yoghurt. Altra immagine emblematica de El Salvador, piccolo paese dai grandi contrasti: una piazza politica con chiari messaggi politici tipo “Patria Si, Comunismo No” partecipa alla orgia commerciale natalizia.

E per ribadire il periodo natalizio e non farsi mancare niente della cultura il venerdì successivo c’è stato il Black Friday, eseguito in perfetto stile gringo.

 

  

         

     

      

Le giornate della memoria – GdM1

Il Coordinatore Residente ha deciso di organizzare per il country management team quattro giorni in una sorta di viaggio nella memoria recente del paese, in vista della celebrazione della firma dei 25 anni degli accordi pace che hanno messo fine ad una guerra civile durata 12 anni dal 1980 al ’92.

La guerra inizia con il rovesciamento del generale Carlos Romero, ultimo presidente di un regime militare al potere dal 1931, da parte di una forza para-militare Juventud Militar sostenuta dagli statunitensi preoccupati che il generale Romero stesse perdendo il controllo del paese di fronte al rafforzamento di gruppi armati di sinistra sostenuti dai sovietici. Un vero pezzo di guerra fredda che diventerà guerra guerreggiata per i salvadoregni. Paradossalmente, il golpe fu avallato dal Foro Popolare che raggruppava le forze di sinistra riformatrici, tanto che si costituisce una sorta di governo di unità nazionale definito Primera Junta Rivolucionaria Nacional. Appoggiata anche dai gesuiti, la Primera Junta inizia a governare con promesse di riforma sociale agraria e nazionalizzazione della banca centrale e del commercio del caffè principale fonte di reddito del paese. Però vista la forte presenza militare nella Primera Junta, el Ejercito Rivolucionario del Pueblo si tira fuori e fa appello alla lotta armata che si organizza nelle campagne e nelle montagne. Iniziano così 12 anni di guerra civile che faranno più di 50 mila morti civili e militari.

Iniziamo la visita alla UCA, università centroamericana, la seconda di San Salvador, istituita dalla Compagnia di Gesù nel 1965. Ci riceve padre Tojeira, allora giovane capo dei gesuiti degli anni ‘80, spagnolo che sarà testimone dell’uccisione nel 1989, proprio alla UCA, di 7 gesuiti, la cuoca e sua figlia 17enne per mano di militari. Ci racconta l’episodio dentro al museo che è stato istituito. In modo molto gesuita e con molta diplomazia racconta senza mai sbilanciarsi veramente su chi furono gli autori del massacro, anche se ci sono forti dubbi che lo stesso allora presidente Alfredo Cristiani avesse avallato indirettamente o addirittura direttamente l’attacco. Cristiani sarà poi lo stesso presidente che firmerà gli accordi di pace. Padre Tojeira ci racconta com’è riuscito a far testimoniare la donna delle pulizie che ha visto scappare i militare, per poi farla uscire dal paese via l’ambasciata spagnola (malgrado l’ambasciatore avesse detto inizialmente di no) e poi rifugiata in USA. È stata una testimonianza fondamentale per identificare gli esecutori materiali. La partita è ancora aperta nonostante un mandato di cattura internazionale emesso dai giudici spagnoli. Ma i salvadoregni preferiscono regolare la faccenda da soli forse con una nuova legge di amnistia e riconciliazione nazionale. Padre Tojeira scoprirò molto dopo, da un giovane avvocato spagnolo che ha rinunciato a una brillante carriera forense a Madrid per lavorare nell’ufficio diritti umani dell’UCA diretto proprio da Tojeira, che il padre gesuita si sta battendo come un leone per il riconoscimento dei diritti umani in El Salvador. Un grande personaggio insomma.

Visita alla chiesa dove fu ucciso Monsignor Romero poi alla sua casa e infine alla cripta nella Cattedrale di San Salvador dove sono custodite le sue spoglie. Personaggio di spicco per le sue denunce di violazione dei diritti umani sia della giunta militare ma anche degli eccessi del fronte della guerriglia. Ucciso da un sicario mentre dava messa un lunedì di marzo 1980 alle 6 di pomeriggio. Un colpo solo al cuore, da lontano. L’esecutore materiale non fu mai trovato mentre si parla apertamente dell’ordine impartito dal militare Roberto d’Aubuisson che l’anno successivo fonderà ARENA, il partito di destra che governò dopo gli accordi di pace fino al 2008 e ancora oggi costituisce il principale partito di opposizione. La nostra guida alla casa-museo di Monsignor Romero è colui che ne fu l’aiutante laico. Ci racconta che un mese prima dell’assassinio, dopo aver visto movimenti strani intorno alla chiesa, avevano messo in piedi un piano di sicurezza che Monsignor Romero disattendeva sempre per andare in mezzo alla gente. Quando visitiamo la cripta ci danno un “santino” con un minuscolo pezzo di stoffa come reliquia del beato Romero in procinto di diventare Santo. Rimango sempre affascinato e sgomento davanti alla capacità autocelebrativa iconografica della Chiesa. Uno del gruppo mi racconta in pieno fervore mistico dei miracoli che il beato-quasi-santo-romero anche da morto è riuscito a far ottenere ai suoi discepoli. Parliamo di guarigioni miracolose. Mah… Comunque un immenso personaggio Monsignor Romero, unica figura unificatrice de El Salvador. Anche se nella Cattedrale di San Salvador i ritratti di Monsignor Romero e di Monsignor Josemaría Escrivá de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei, sono posti uno di fronte all’altro, probabilmente per accontentare destra e sinistra.

A chiudere la giornata visita al carcere del periodo della guerra, ora diventato centro culturale con poche tracce di quelle che fu. Guida illustre José Antonio Morales Carbonell Subsecretario de Gobernabilidad cioè Vice Ministro della Governabilità. Antonio è figlio di Antonio Morales Erlich per anni sindaco di San Salvador e quando scoppia la guerra, ministro della democrazia cristiana al potere. Antonio figlio diventato attivista del Frente Farabundo Martì para la Liberacion Nacional (FMLN) a diciott’anni e venne arrestato nel 1980 rimanendo in carcere 2 anni, proprio nella cella che stiamo visitando. Figlio contro padre insomma. Tre ore di racconto di episodi molto intime sulla vita in carcere, di come riuscì a diventare leader e creare un collettivo per la gestione della prigione. Per esempio, ci racconta di come convinse il direttore del carcere a farsi dare metà del budget per il cibo e riuscirono a organizzarsi tra detenuti politici, separati dai detenuti comuni, per far arrivare cibo decente da fuori per tutti, guardie comprese. Probabilmente l’altra parte del budget rimase nelle tasche del direttore.

Un racconto da film: un giornalista italiano Giovani Caporazzo (ho cercato ma non si trova niente) riuscì a entrare nel carcere e fotografare un detenuto arrivato con segni evidenti di torture pesanti. Il reportage ripreso a livello internazionale rese noto le condizioni delle carceri salvadoregne. L’effetto della denuncia fu paradossalmente contrario all’obiettivo di migliorare le condizioni dei detenuti. Infatti per rispondere all’accusa della Croce Rossa di non fare prigionieri ma di preferire esecuzioni immediate sul campo, la giunta militare per dimostrare che non era vero decise di riempire le carceri, peggiorandone le condizioni.

In realtà il racconto di Antonio è quasi melanconico ricordando il bel periodo di formazione da combattente, anche se dopo la liberazione si rifugerà in Messico. Però una grande figura, molto umana che ancora oggi gli capita di incontrare i suoi carcerieri e torturatori. Un altro aspetto anacronistico di questo paese dove tutto viene insabbiato, tutto viene nascosto nel segno del perbenismo conservatore di destra o di sinistra.

 

Il museo dell’UCA

 

 

 

 

 

 

 

Monsignor Romero

 

 

 

 

 

Carcere di San Salvador

 

 

San Salvador

Sono tre settimane che sono qui a San Salvador, El Salvador. Ho preso casa, ho aperto un conto in banca, ho un nùmero de identificaciòn tributaria (NIT come il codice fiscale). Mi manca la macchina ma durante la settimana ci sono gli autisti Tomàs, David, Eftarì e altri, mentre i fine settimana per i primi sei mesi ho diritto a prendere una delle Toyota Landcruiser dell’ufficio. Quindi c’è tempo per questo.

Cominciamo dalla nota di colore, la fila per prendere il NIT. Sportello al pubblico in uno dei tanti centri commerciali della città. File di sedie al centro della sala allineate stile cinema di fronte ai quattro sportelli aperti. Come ultimo arrivato sei invitato dalla guardia armata a sederti sull’ultima sedia disponibile. Poi quando un utente va allo sportello liberando il primo posto della fila tutti quelli che aspettano si spostano insieme guadagnando una posizione e sedendosi sulla sedia a fianco. E così via per ogni utente che va allo sportello finché non arriva il proprio turno. Semplice, efficace e movimento di massa coordinato. In generale, le persone sono disponibili e le autorità, grande o piccole che siano non sembrano particolarmente aggressive anzi piuttosto aperte con gli stranieri.

Lo stile di vita. La città di San Salvador è molto in stile americano. Dalla finestra del mio ufficio vedo un McDonald’s. Nel quartiere ci sono tutte le catene di fastfood, KFC, Denny’s, Wendy’s, KFC, PizzaHut, Domino’s pizza. Senza sottovalutare i fastfood locali Pollo Campero, proprietà guatemalteca e il suo concorrente salvadoregno, Pollo Campestre. Poi ci sono i malls con tutte le grandi marche e i supermercati: Walmart e un concorrente salvadoregno SuperSelectos con il quale abbiamo una collaborazione, per cui ho incontrato uno dei loro funzionari. Tutti si spostano in macchina sia per copiare lo stile americano sia per motivi di sicurezza. Però le strade non sono larghe come negli Stati Uniti (attenti a dire america qui perché sono loro l’america!): Risultato, traffico e ingorghi infiniti che può voler dire stare due ore nel traffico per attraversare la città che è piccola, a dimensione del paese grande come la Lombardia. Risultato due dello stile di vita combinando cultura alimentare fastfood e macchina: dal bambino alla nonna vedi tante famiglie obese neanche tanto aiutate dalla genetica anche se i tratti e i fisici tipicamente indios si vedono relativamente poco. Insomma in città non c’è grande povertà visibile anche se uno stipendio medio si aggira sui 400 dollari mentre 1.000 dollari diventano già un super stipendio. In campagna è tutt’altra cosa ma ancora non ho avuto modo di girare.

La sicurezza. C’è una guardia privata armata di fucile a pompa ogni dieci metri o ingresso di negozio. Le scorte armate per delegazioni ufficiali sono abbastanza frequenti e sono composte da una macchina della polizia davanti e un pick-up dietro la macchina protetta con due soldati armati di fucile ben in mano e giubbotto antiproiettile, seduti uno di fronte all’altro su seggiolini tipo cinema all’aperto inchiodati al cassone della macchina in modo tale che il soldato dietro guarda nel senso di marcia e quello avanti è rivolto verso dietro. Assetto tipo guerra insomma. Però non si vede particolare tensione se faccio il paragone con le città violente africane tipo Nairobi o Johannesburg dove la sollecitazione per uno straniero è costante. E’ forse questo il problema perché nel momento che meno che te lo aspetti può succedere che incroci una pandilla (una banda) di una mara (mafia) che per estorcere pochi soldi, portatile e macchina ti fa passare un brutto quarto d’ora. Infatti tutti ne parlano anche perché ogni giorno c’è il bollettino di guerra che ricevo per email. Si viaggia ad un ritmo di 350/400 morti ammazzati al mese (più di 10 al giorno). Il crimine non è necessariamente legato ai grandi traffici di droga ma è semplice piccola o grande estorsione. Comunque l’importante è non girare solo e andare nei posti giusti.

Casa e chiesa. Infatti la prima scelta era di prendere casa vicino all’ufficio. Ho trovato un appartamento a tre minuti a piedi che si possono fare anche di sera perché tutta la zona è molto sicura. Sono all’ottavo piano di un palazzo di 25 piani con ingresso molto elegante, piscina, palestra, campo da squash, terrazzo condominiale con vista su tutta la città. C’è una stanza per visite e volendo anche altri due letti. Posso ospitare fino a 6 persone, per chi avesse voglia di fare un giro. Non ho ancora visto molto ma tra vulcani, mare e siti archeologici c’è parecchio da fare nel migliore periodo dell’anno che è ovviamente la stagione secca da dicembre a maggio con temperatura sulla costa a 28 gradi e San Salvador scende sui 25 perché è a 700 metri di altitudine. E la signora Gloria cucina chili con carne e le famose pupusas che sono delle tortiglia di mais bianco o riso ripiene normalmente di verdure e formaggio cotte sulla griglia. Servite calde sono da non perdere.

Il lavoro e la vita di tutti i giorni. Lavoro è cominciato subito in modo molto intenso. Incontri con lo staff: 80 colleghi di cui solo 5 internazionali e ora siamo 3 italiani!; incontri con le controparti governative, rappresentanti dei paesi donatori e del settore privato; riunione con il UN Country Team presieduto dal coordinatore residente che sarebbe il capo di tutto UN un tedesco-ecuadoriano simpatico, il suo vice è italiano. Infatti c’è un legame speciale tra El Salvador e l’Italia che nasce dai tempi della Democrazia Cristiana gemellato con il partito democratico-cristiano salvadoregno. Dopo gli Stati Uniti e il Canada, l’Italia ospita la più grande comunità salvadoregna con quasi 100,000 immigrati. Il coordinatore residente ha offerto una cena a base di pasta in onore dei nuovi arrivati del UN Country Team oltre a me, la vice di Unicef, una spagnola e la rappresentante dell’UNHCR un’altra italiana! Insomma ho cominciato il giro internazionale diplomatico sperando però di staccarmici presto per conoscere più salvadoregni. Per quello punto sulle attività sportive. Ovviamente tutto questo in un dignitosissimo “itagnolo” riuscendo a farmi capire…